Il sottosegretario De Cristofaro apre all’ipotesi – finora esclusa da Azzolina – di assumere subito 25 mila precari solo in base ai titoli e agli anni di servizio
«Dobbiamo fare un bagno di realismo: non siamo nella condizione di far svolgere i concorsi per assumere gli insegnanti. Ed è meglio non bandire concorsi che poi non si faranno. Dobbiamo immaginare da subito altre strade per immettere nella scuola nuovi docenti sin dal primo settembre». Così ha dichiarato oggi il sottosegretario Peppe De Cristoforo in un’intervista al manifesto. L’unica soluzione per dare un po’ di ossigeno alle scuole italiane immettendo a settembre almeno i 25 mila nuovi prof che avrebbero dovuto arrivare per direttissima grazie al concorso, è quella di una ennesima sanatoria, questa volta giustificata dall’emergenza sanitaria: assumerli in base ai titoli e agli anni di servizio, senza neanche fargli fare il test a crocette previsto dalla procedura super-semplificata del concorso straordinario. Basta mettere in fila diplomi ed esperienze sul campo dei 50 mila precari aspiranti alla cattedra e per i primi 25 mila si apriranno le porte del contratto a tempo indeterminato e del ruolo. L’ipotesi non è nuova, i sindacati lo chiedono da tempo (anche da prima del Covid-19), ma la novità assoluta è che oggi questa proposta non venga dai rappresentanti dei lavoratori ma dal governo stesso, anche se non direttamente dalla ministra Azzolina che finora ha opposto un secco no alle richieste dei sindacati. «Sia chiaro: le assunzioni sono irrimandabili – prosegue De Cristofaro -. L’anno scolastico 2020-21 sarà persino più delicato di questo che si sta per chiudere. I docenti dovranno farsi carico di quello che ha funzionato solo in parte nella didattica online. Dobbiamo individuare una procedura per stabilizzare le migliaia di precari che sarebbero stati assunti con il concorso straordinario. Penso ai titoli, alle abilitazioni. Ma diciamoci subito che non siamo nelle condizioni in fare in altro modo».
Sgambetto o assist alla ministra?
L’uscita – irrituale – del sottosegretario di Leu che con un’intervista sorpassa da sinistra la titolare del ministero, potrebbe essere in realtà il segnale che, nonostante la posizione di estrema fermezza finora tenuta dalla Azzolina con i sindacati – nessuna sanatoria con me ministro, i concorsi intanto li bandiamo e poi si faranno quando si potrà – in realtà qualcosa si stia muovendo anche dentro l’esecutivo. In fondo in questo modo l’emergenza sanitaria consentirebbe alla ministra di salvare la faccia (se il concorso non si può fare, questa volta è davvero per cause di forza maggiore) e di riappianare i rapporti finora tesissimi con i sindacati in vista del prossimo anno che già così si annuncia alquanto complicato. Del resto a suggerire questa soluzione ci aveva pensato già qualche giorno fa anche il Cspi, il comitato superiore della pubblica istruzione, organo tecnico-professionale del ministero, che rappresenta le categorie della scuola e che è chiamato a dare il suo parere (consultivo) anche in materia anche di bandi di concorso. Il Cspi aveva invitato, eccezionalmente, il ministero «ad una riflessione in merito alla possibilità di assumere procedure concorsuali le più semplificate possibili, che tengano conto essenzialmente del periodo di servizio già prestato e delle esperienze culturali e professionali possedute dai docenti». Lo scopo? Sempre lo stesso. Poter avere entro il primo settembre almeno i 25 mila nuovi docenti in cattedra. Infatti uno dei problemi del prossimo anno scolastico, a parte le mascherine e la possibilità di tornare effettivamente in classe riguarda gli insegnanti: secondo le stime dei sindacati ne mancano 200 mila. Con una tale mole di supplenti da nominare pare difficile che l’anno scolastico possa partire in modo ordinato oltre che anticipato come vorrebbe la ministra Azzolina.