Iniziamo a sospettare che la precarietà sia il prodotto non di una fatalità economica, identificata con la famosa mondializzazione, bensì una volontà politica. La precarietà infatti s’inserisce in una modalità di dominio di nuovo genere, fondata sull’istituzione di uno stato generalizzato e permanente di insicurezza che tende a costringere i lavoratori alla sottomissione, all’accettazione dello sfruttamento. Mi sembra quindi che ciò che viene presentato come un regime economico gestito dalle leggi flessibili di una sorta di natura sociale, sia in realtà un regime politico che può instaurarsi solo con la complicità attiva o passiva dei poteri specificamente politici.