Lavoro e Precariato: Possibili Conseguenze Psicologiche

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Lucia Lombardo Psicoterapeuta Caserta www.lucialombardo.it
Nel nostro paese è un dato certo, oramai, come il lavoro non rappresenti più un diritto ma un privilegio. Sono veramente poche le persone che vivono l’esperienza di un lavoro stabile e solido e a cui viene riconosciuta dignità lavorativa e professionale. L’Italia da circa 15-20 anni sta vivendo momenti di seria difficoltà economica e lavorativa, che passeranno alla storia, sicuramente, come le pagini più tristi e cupe in tema di occupazione e lavoro.

Afferma la dott.ssa Lucia Lombardo Psicoterapeuta a Caserta www.lucialombardo.it

“Quando è iniziata la crisi economica in Italia, io avevo terminato da poco gli studi e muovevo i primi passi nel mondo del lavoro. Sono stati passi faticosi ed incerti e continuano ad essere faticosi e piuttosto incerti. Quelli che come me sono “nati lavorativamente” in piena crisi economica, hanno vissuto anni di incertezza lavorativa, crescendo con dentro l’eco di notizie molto allarmanti sugli elevati tassi di disoccupazione giovanile, e slogan come i giovani non trovano lavoro. Ad un certo punto mi sono chiesta: Ma quali giovani, quelli della vecchia o della nuova generazione?

Perché sono passati circa 15 anni e non sono più giovane o comunque sono meno giovane rispetto a 15 anni, ma la sensazione pervasiva è di sentirmi ancora “dentro quella categoria di giovani “che cerca faticosamente di lavorare.

Invece è solo cambiato lo scenario generazionale, ma la situazione economica e la precarietà lavorativa è peggiorata. Con molta probabilità una nuova generazione di giovani ,come la mia, diventerà grande con dentro l’eco i giovani non trovano lavoro, intanto che si ritroverà in una dimensione adulta.
Continua ad essere una situazione difficile e preoccupante quella italiana in tema di occupazione e lavoro. Precarietà, debolezza contrattuale, lavori atipici, mal retribuiti, contratti che scadono, occupazioni provvisorie, disponibilità ad accettare lavori anche mal retribuiti pur di lavorare, esperienze lavorative solo riempitive del curriculum, senza alcun utilità su un piano professionale. Meritocrazia e dignità lavorativa sono un miraggio.

Lavorare da precari ,purtroppo, significa anche vivere da precari.

L’incertezza economica e lavorativa genera una serie conseguenze nella sfera sociale, personale e familiare. Non avendo una sicurezza economica, garanzie e tutele adeguate, la maggior parte è costretta a ridimensionare le aspettative e progetti per il futuro.

Vivere è diventato un continuo fare i conti ed una continua negoziazione a tempo indeterminato con il presente.

Molte coppie sono costrette a rimandare la genitorialità e la possibilità di una famiglia. I più giovani non sanno bene chi sono e cosa faranno, e questo mette a rischio il costituirsi di un’identità solida stabile.

Studi e ricerche condotte nell’ambito della medicina e psicologia del lavoro hanno segnalato come le condizioni del lavoro flessibile siano ad elevato potere stressogeno.

Flessibilità vuol dire cambiare continuamente lavoro intervallati da lunghi periodi di disoccupazione. Cambiare di continuo lavoro, vuol dire cambiare posti, luoghi, persone di riferimento, abituarsi a nuovi ambienti di lavoro, nuovi tempi e regole. Tutto ciò significa riorganizzare di continuo la propria giornata ed il proprio tempo. Uscire da una città con certe regole ed un certo tipo di traffico per adattarsi ad un’altra città con altre regole e altro traffico.

Immaginate tutto ciò cosa vuol dire per la salute sia fisica che mentale.

Ma non è necessario fare appello alle indagini e ricerche scientifiche, basta guardarsi intorno nel proprio quotidiano e raccogliere direttamente dati ed informazioni da quanti vivono nella precarietà, nell’incertezza, nella preoccupazione di non arrivare a fine mese. Intermittenza e brevità del lavoro, incertezza sulla prosecuzione del lavoro,irregolarità dei pagamenti, impossibilità di programmare il futuro sono costanti fonte di preoccupazione.

Tutto ciò sta generando stanchezza, rabbia, insofferenza ed intolleranza.

Rabbia, stanchezza,insicurezza psicologica, stress emotivo possono generare a lungo andare malessere somatizzato come gastriti, disturbi cardiocircolatori, problemi nervosi, emicrania, dolori muscolari, stanchezza cronica, inappetenza e debolezza, attacchi di panico. Nell’ambito della classificazione dei disturbi psicopatologici si potrebbe pensare ad una nuova categoria professionale: mal di precariato.

Inoltre,un lavoratore precario, non avendo protezione sul piano sindacale, economico, sanitario e previdenziale, sarà preoccupato di mantenere il posto di lavoro piuttosto che di tutelare la sua salute. Quindi, pur stando male si assenterà il meno possibile ed eviterà posizioni conflittuali con l’azienda. Un lavoro per quanto dequalificato e mal pagato , è pur sempre meglio della disoccupazione.

Un’indagine condotta dall’Osha (Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro) ha riscontrato ,tra i lavoratori temporanei, una maggiore incidenza di infortuni a causa di occupazioni più rischiose senza adeguata formazione o tutoraggio, condizioni fisiche di lavoro peggiori, carichi di impiego pesanti e ,quindi, incidenti più frequenti.

Rimane per me significativo il monologo di Paola Cortellesi, andato in scena non recentemente, ma ancora attuale nei contenuti e nel significato:

Una giovane precaria incinta si ritrova disoccupata alla vigilia del parto. In preda alla disperazione fa irruzione nel posto di lavoro e prende in ostaggio la responsabile del suo licenziamento. Un epilogo tragico testimonial di molte situazioni italiane finite, purtroppo, nella tragedia e nel dolore.

Come aiutarsi?

Coltivare relazioni sociali, non sottovalutarsi, essere intraprendenti, non avere paura di chiedere aiuto.

Frequentare persone, creare contatti di fiducia produce non solo vantaggi psichici alla persona, ma attiva una trasferimento e passaggio di informazioni che aiuta ad creare una rete di contatti e conoscenze che potrebbero creare anche opportunità lavorative.


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